giovedì 30 agosto 2012

Mangia-bevi alla pesca e vaniglia


A volte capita.
La giornata NO è spesso dietro l'angolo.
Te ne rendi conto quando al telegiornale dicono che le borse sono tutte in rosso.
O quando la tua amica ti chiama in preda all'ansia perchè le hanno spostato l'esame.
Oppure quando il tuo cane si dispera per il prurito delle pulci.
Capita a tutti.
Agli altri. Si spera.
Ma purtroppo questa sorta di "io-sono-intoccabile-ah-ah-ah" svanisce miseramente nel nulla in una giornata come la mia di ieri.
Sveglia non suonata, capitoli del libro da studiare non finiti, tante idee di cosine da cucinare e praticamente nessuna fatta e.....
Rullo di tamburi.
Mixer rotto.
Diciamo che la sensazione che ho avuto è la stessa di quando vai dal macellaio e chiedi il taglio di carne che ti serviva per una cena con la suocera,e con la sua dolce faccia angelica sorridente e la mannaia in mano ti dice "Guardi ho venduto l'ultimo pezzo un minuto fa", e non sai se imprecare di più con la sua antipaticissima faccia da schiaffi o con te stessa che c'hai messo troppo a scegliere se metterti il mascara nero o blu e hai tardato (udite udite) di un minuto.
O la stessa rabbia di quando preparando per bene una bella meringa il tuorlo si spappola miseramente in mezzo agli albumi, e ti affanni a cercare di salvare il salvabile con la forchetta, con il cucchiaio, con le mani, e se avessi in mano una chiave inglese proveresti anche con quella. 
E insomma se n'è andato il mixer.
Amico fidato.
Dovevo capirlo però, mi aveva avvisato.
Non ne voleva sapere di accendersi.
E allora dai a controllare la spina, dai a controllare la chiusura ermetica.
Tutto apposto, così sembrava.
Ma sul più bello eccolo. Un pezzo rotto rimasto nel vano di chiusura.
Poi non so cosa sia successo. Forse lo sgomento, l'infinita disperazione.
Fatto sta che uno strattone impulsivo della mia mano ha finito a martoriarlo, povera stella.
Così con il manico rimastomi in mano (sì, spezzato di netto, manco fossi Hulk) e lo stupore in volto mi sono rassegnata a cambiar ricetta, e il mio frappè è diventato mangia-bevi (bè, frullare le pesche a mano mi sembrava un po' eccessivo..)
Ah, piccolo particolare.
Il mixer è quello a casa dei miei genitori, quello di casa mia è vivo e vegeto!!:)

Vi propino quindi un dessert utilizzabile dopo pranzo, ma soprattutto a merenda. Sano, nutriente, buono.
Se avete un frullatore potete appunto frullare tutto modello frappè, capite bene che io ho riarrangiato la ricetta:)



Mangia-bevi alla pesca e vaniglia
1 pesca nettarina
1 vasetto di yogurt alla vaniglia
1 cucchiaio di zucchero
50 ml di latte 
un quarto di stecca di vaniglia

Incidete la stecca di vaniglia e raschiate con il coltello i semini. Mettete il latte in un pentolino e aggiungetevi i semi di vaniglia. Riscaldate sul fuoco per 1-2 minuti e lasciate raffreddare.
[Questo passaggio è utile se per esempio avete uno yogurt bianco e non alla vaniglia, altrimenti può essere anche saltato]
Lavate e sbucciate la pesca fredda di frigo, tagliatela e mettetela in una ciotola con lo yogurt, lo zucchero e il latte aromatizzato.
Mescolate leggermente e componete dei bicchieri o delle coppette.



Bon Appetit

martedì 28 agosto 2012

Patatine fritte come quelle in busta





Ok, il mio rapporto con la sveglia non è dei migliori.
E su questo credo di poter trovare voci d'accordo.
Ma quando la sveglia è programmata per suonare alle 7.45 e tu ti alzi alle 9 c'è qualcosa di grave che non va.
Non mi fraintendete, non è che voglio pigrare, è che è proprio tutto calcolato.
Ma io so di chi è la colpa, oh sì se lo so.
E prima o poi cercherò questa persona e gliela farò pagare amaramente.
L'inventore delle sveglie che con un semplice tastino ritardano il suono di 10 minuti.
Sacrilegio.
Bestemmia.
Empietà.
Sì perchè, poi, quasi in una sorta di delirio in dormi-veglia, non riesci proprio a non premerlo quel tastino. E il numero di volte che lo premi aumenta di giorno in giorno.
E allora, pur di non staccarti da questo tuo fedele amico di un tastino, la tua mente riesce a pensare l'impensabile.
Devi svegliarti alle 8? Benissimo, metti la sveglia alle 7.30, così hai ben tre volte per premere il tuo amichetto.
Se poi oramai la tua è una dipendenza (come la mia) riesci anche a posizionarla a qualcosa tipo le 7.15.
E che goduria svegliarsi, ma sapere che hai ancora 45 minuti per tenere gli occhi chiusi.
La bella storia, però, non si conclude nel migliore dei modi.
Provateci a mettere la sveglia alle 5.30 quando devi alzarti alle 6.00 per essere operativa in reparto alle 7.00.
E qui non c'è amore per il tastino che tenga, quando senti il DRIIIIIN, a qualunque ora, è sempre una super-tragedia.

Detto questo, vi è mai capitato di provare a cucinare qualcosa di buono, buonissimo che però siete soliti comprare al supermercato? Bè a me tantissime volte, e quando sono venuta a conoscenza della raccolta di Alessandra del blog Mamma Papera's blog non me lo sono fatta ripetere due volte.
Presente le patatine in bustina, quelle che trovate nei bar?
Stessa croccantezza.
Nessun aroma.
Nessun conservante.
Solo roba buona.
Il trucco c'è, ma è talmente semplice che mi vergogno anche a postarla. Ma visto che io l'ho scoperto solo un annetto fa, mi rendo conto che se c'è tra voi qualcuna che ancora lo conosce sono felicissima di passarvelo!


Patatine fritte come in busta
2 patate a pasta gialla
olio di semi per friggere
sale
rosmarino

Lavate e sbucciate le patate.
Tagliate con la mandolina le patate a fette a uno spessore di 1 mm circa, se non di meno.
(Potete ovviamente anche provarci con il coltello se siete bravissime, io non sono capace!)
Posizionate le patate su uno o due vassoi, senza sovrapporre le fette di patate (devono essere disposte in un unico strato) e riponeteli in freezer per almeno 1 ora.
Mettete a scaldare l'olio. Quando è bollente (attenzione però che non bruci) togliete dal freezer i vassoi e immergete le fette di patata ancora congelate nell'olio caldo.
Aspettate che inizino a dorare (circa 2-3 minuti), scolatele con una schiumarola e lasciate assorbire l'olio da un foglio di carta assorbente.
Condite con sale e rosmarino a piacere.



P.S: nella prima foto vedete una piccola idea per servire le patatine fritte. Prendete un rettangolo di cartone alimentare, e ne formate un cono chiuso ad un'estremità ed aperto all'altra. Fermatelo con una piccola striscetta di scotch. Effetto assicurato :)

Bon Appetit


E con questa ricetta partecipo alla raccolta di Mamma Papera's Blog




venerdì 24 agosto 2012

Tiramisù al pistacchio nel bicchiere


Felicità. 
Ho visto la felicità negli occhi dei bimbi quando l'equilibrista è riuscito a terminare il suo esercizio senza cadere.
L'ho vista negli occhi dell'equilibrista, quando ha preso il suo applauso finale.
L'ho vista nel giocoliere, prima di iniziare, quando la piazza si iniziava a riempire e ancora più gente arrivava.
L'ho vista negli anziani che tornano bambini per mezz'ora.

Sono impazzita?
No, almeno non per adesso :D
E' che mi ero scordata di raccontarvi il Chieti Busker Festival.
Ogni anno la mia città per tre giorni ospita una ciurma festante di artisti di strada provenienti da tutto il mondo.
E io adoro quell'atmosfera.
Ogni piazzetta e vicolo si riempie di gente, a diversi orari qualche nuovo spettacolo.
Musica, danza, giocoleria, fuoco, equilibrio.

Bè devo ammettere che un brivido felino mi corre nella schiena quando il mangiafuoco di turno dice "Bene, adesso ho bisogno di un volontario del pubblico".
Che poi, si sa, di volontario c'è ben poco ed è puntualmente lui che sceglie te, si proprio te, guarda un po'.
Ma fa tutto parte del gioco, e se dobbiamo giocare allora giochiamo, a suon di birilli, aste sospese e applausi.
Il momento giusto per sognare.
Sognare di essere liberi e felici come loro, che girano il mondo, con le poche risorse che gli spettatori decidono di regalargli.

Questo è un accenno di fotografie fatte una delle serate, sperando di farvi entrare nel sogno per 30 secondi.

Il teatro dei venti con lo spettacolo IL DRAAAGO:




I ragazzi etiopi (bravissimi) del Fekat Circus:


Juriy Longhi, ragazzo italiano super-bravo e super-simpatico:


Fred Menendez, una leggenda:


E i Quetzcoatl, che maneggiano il fuoco come un loro fratello:





E dopo questa divagazione sul tema, dopo avervi invitato l'anno prossimo a Chieti (sì, posso ospitarvi tutte a casa mia, che è di 60 mq ma dai, ci stringiamo :D ), vi do la ricettina per un tiramisù diverso ma altrettanto buono per gli amanti del pistacchio.
Unica regola: trovare pistacchi ottimi (fortunati gli abitanti di Bronte).




Tiramisù ai pistacchi nel bicchiere:

10 biscotti al caffè (io uso i Pavesini) o altro tipo di biscotti secchi
250 gr di mascarpone
3 uova
100 gr di zucchero
100 gr di pistacchi freschi NON salati e sbucciati
50 gr di crema al pistacchio (io per far prima uso il "topping" al pistacchio, che si trova nei supermercati)
20 gr di cioccolato fondente

Mettete in una busta trasparente metà dei biscotti e con un mattarello tritateli grossolanamente.
Spezzate l'altra metà in pezzi un po' più grandi ed adagiate sia questi ultimi sia i biscotti tritati col mattarello sul fondo dei bicchierini. Formate poi uno strato con i pistacchi, interi o sbriciolati, a piacimento.
Con la frusta lavorate lo zucchero con i 3 tuorli fino a raggiungere un composto schiumoso. Aggiungete il mascaropone e la crema al pistacchio e continuate a mescolare vigorosamente.
Montate a neve i 3 albumi e aggiungeteli al composto di mascarpone, mescolando dal basso verso l'alto.
Versate un po' di composto nei bicchierini, sopra ai pistacchi.
Decorate grattugiando il cioccolato fondente sopra alla crema e ponendovi qualche pistacchio intero.


Bon Appetit..
E con questa ricettina partecipo al contest del mio guru Imma, del blog Dolci a gogo:




mercoledì 22 agosto 2012

Spiedini di macedonia grigliata al cocco



Il silenzio.
A volte è imbarazzante, sconveniente, insopportabile.
A volte è necessario, un bisogno.
Per esempio la mattina in biblioteca.
Sapete com'è, a casa riesco a studiare persino con la musica nelle orecchie, con i vicini di balcone che stramazzano con piatti e bicchieri, con i clacson furiosi sulla strada sotto la finestra.
Ma in biblioteca è diverso.
Il silenzio, qui, lo ESIGI.
Sarà perchè non puoi sembrare da meno rispetto ai secchioni studio-24-h-al-giorno-ed-è-pure-poco, che entrano la mattina alle 9 ed escono dieci ore più tardi.
Sarà perchè col fatto che non vola una mosca ti vergogni quasi pure a respirare, e l'onta più grave che potrebbe crollarti addosso è qualche gorgoglio dello stomaco ad ora di pranzo, e maledici di non aver fatto merenda mentre tutti ti guardano con sdegno.
Sarà perchè per antonomasia le bibliotecarie (o almeno quelle della mia università) sono un po' tutte simpatiche come il dentista che ti fa domande mentre hai la bocca aperta e dolorante, e allora pur di non sentire le loro prediche saresti disposta anche a non bere, mangiare e rimanere ferma immobile sulla tua sediolina per tutto il tempo.
E sarà anche perchè gli esami sono alle porte, e oltre a raccomandarti a ogni Santo possibile e immaginabile, l'unica cosa che ti resta da fare è studaire, studiare e ancora studiare.
E allora il silenzio diventa sacro, religioso direi.

Purtroppo, però, la vita è balorda e infame.
E volete che ogni volta che vado in biblioteca il mio caro amico silenzio sia libero di essere lasciato in pace?
C'è il ragazzo che apre la porta e colto da un'improvvisa e totale miopia dimentica il cartello scritto a caratteri cubitali "Accompagnare la porta per non farla sbattere". Ma niente, SBAM.
C'è il mio vicino di posto che inesorabilmente dimentica accesa la suoneria e trasforma la biblioteca in discoteca latino-americana. Tchè Tcherere Tche Tche
Ci sono le tenere amiche del cuore (che di tenero hanno solo l'unghia del piede e forse manco quello) che si raccontano l'ultima avventura e ridacchiano sotto ai baffi. Hi Hi Hi
C'è quello che non curante di tutto e tutti se ne frega che il suo computer abbia l'audio a tutto volume, e a ogni accensione e spegnimento e apertura di finestre varie i suoni si sprecano. Chhh, Tok, Sbem, Tin.
Ci sono le bibliotecarie di cui sopra che ripongono apposto i libri come se stessero a passeggiare in spiaggia, parlando a turno di quanto il figlio sia socialmente riconosciuto.
E poi c'è Lui.
Proprio Lui.
Il tizio che non riesce a studiare se non ripete tutto ciò che legge a bassa voce.
Che inesorabilmente si siede davanti a te.
E a lui, sì proprio a lui, io non posso resistere.
La prossima volta mi sa che studio a casa :)

E tra sbem, sbim e sbam vari io intanto mi rinfresco in queste giornate torride che più torride non si può con una ricettina (più che una ricetta diciamo un'idea) semplicissima, letta su una rivista e rivisitata.
Se non vi piace la frutta tiepida potete benissimo saltare la fase di "grigliatura" e gustarla fredda, e ovviamente potete aggiungere la frutta che più vi piace, a voi la scelta:)



Spiedini di macedonia grigliata al cocco

1 pera williams
1 pesca nettarina
qualche chicco di uva nera e bianca
2 kiwi
1 banana
4 fette di pan brioche
2 cucchiai di miele d'acacia
50 gr di cocco disidratato in scaglie

Lavate e sbucciate tutta la frutta, tagliando a dadini le pere, le pesche, i kiwi e a rondelle la banana.
Tagliate a cubetti le fette di pan brioche.
Iniziate a formare gli spiedini. Per prima cosa infilzate in uno spiedino di legno un cubetto di pan brioche, poi la frutta in ordine sparso e terminate con un altro cubetto di pan brioche.


Accendete la griglia elettrica al massimo, riponetevi sopra gli spiedini facendo cuocere 2-3 minuti per lato, (fin quando il pan brioche sarà leggermente abbrustolito).
Riponete gli spiedini su un piatto, cospargeteli con i cucchiai di miele e con il cocco a scagliette.

Bon Appetit


E con questa ricetta partecipo al contest di Dolci Armonie:


Una parola spesa per una persona che sto conoscendo pian piano e che mi sto rendendo conto di quanto sia speciale: Ely, che con la sua sensibilità è entrata dentro al mio cuore e mi ha di nuovo regalato un piccolo premio che accetto con piacere e orgoglio. Voglio davvero che tutte voi che passate dal mio blog possiate andarla a trovare, perchè, vi giuro, che il suo blog e le sue parole vi rapiranno: http://ilrovodibosco.blogspot.it/ 


E io devo girare il premio ad altre cinque persone che sento vicine, e allora scusate in anticipo se l'avete già ricevuto o se non accettate premi, siate clementi con una novellina come me :D
In ogni caso decido di donarlo con grande piacere a:
Vale di La ricetta che Vale
Mary di Dafne's Corner "Il gusto"
Elisa di Sapori di Elisa
Monique di La cucina di Monique
Elena e Massi di Zonzolando

Un abbraccio a tutti voi:)



lunedì 20 agosto 2012

Africa Nera


Eccomi qui.
La latitanza della settimana di ferragosto si è fatta sentire vero?
Magari voi mi immaginate sdraiata come un'ameba ad arrostirmi al sole.
O in avanscoperta di paesi tropicali o caraibici.
O a scattare mille foto con la mia inseparabile reflex in quel di Tokyo, New York o Mosca.
O magari a scalare il K2.
INVECE no!
Zero vacanze estive quest'anno per me.
E allora la mia latitanza a cosa è dovuta?
Fondamentalmente a una pigrizia irrefrenabile che mi ha portato a cucinare il minimo indispensabile.
E bè, qualche volta succede anche alle kitched-addicted di aver voglia solo di una bella macedonia.
Ieri però sono riemersa alla vita, richiamata da un canto mistico del mio forno che mi pregava di riaccenderlo.
E potrei mai avere un cuore così pietrificato da non accontentarlo?
La ricetta, allora, vien da sè, complice una vecchissima rivista polverosa ritrovata in un cassetto.
Dell'Africa (e dei miei sogni) ho già parlato qui, poteva quindi non ispirarmi un nome cosi?:)

Impasto semplicissimo.
Morbidezza assicurata.
Niente burro.
Niente uova.
Poco zucchero.
Poche calorie.
Ditemi voi se non è la torta perfetta!
Provatela e ditemi voi, nel frattempo vado a sognare un po' il fresco del K2 :)




Africa Nera
300 gr di farina
140 gr di cacao amaro
80 gr di zucchero
1 bustina di lievito per dolci
500 ml di latte
150 gr di marmellata ai frutti di bosco senza zucchero (o altro tipo, a piacere)
zucchero a velo q.b.

Accendete il forno a 170°.
Mescolate in una ciotola la farina e il cacao setacciati, il lievito e lo zucchero. Aggiungete il latte versato a filo mescolando continuamente e vigorosamente per non creare grumi.
Quando l'impasto diverrà fluido, versatelo in uno stampo di 24 cm di diametro precedentemente imburrato e cosparso di cacao amaro. Infornate per 30-40 minuti (fate la prova-stecchino per valutare la cottura).
Una volta che lo stecchino sarà completamente asciutto sfornate la torta e fatela raffreddare completamente.
Adagiartela sul piano e tagliatela orizzontalmente, cospargendo una metà con abbondante marmellata. Ricopritela con l'altra metà e cospargetela con lo zucchero a velo.


Bon Appetit

martedì 14 agosto 2012

Pollo al curry in insalata


Ci siamo.
Arriva più puntuale delle tasse.
Ferragosto è qui.
Ma voi ci pensate che è una festa più antica del Natale?
Bè sì... feriae Augusti è stata instituita nel 18 a.C, che, poverino, Augusto era davvero troppo stanco dalle fatiche di comando e doveva riposarsi.
Bando alle ciance, nella mia vita di Ferragosto ne ho trascorsi oramai 23, e tutti a modo loro molto particolari.
Mi ricordo quello al mare, finito in dramma con una mega puntura gigante di ape e io, piccola piccola, in preda a lacrime e strilli.
Mi ricordo quello a casa, un po' triste, con fulmini e saette fuori, che si sa, il tempo non può esser sempre clemente.
Mi ricordo quello in campeggio sul lago, dove trovare un posto per la tenda la sera del 14 era semi-impossibile e montarla al buio lo era ancora di più...
Mi ricordo quello in montagna, dove la palla ci è scappata giù per la scarpata tra il bosco fitto, e dove la borsafrigo con la carne da cucinare arrosto è misteriosamente scomparsa...

Bè se rileggo questi ricordi mi vien voglia di dire che forse Ferragosto non è che sia per me troppo fortunato, ma se ci penso bene..volete mettere ridere a crepapelle per non riuscire a mettere il picchetto della tenda nel modo giusto a notte fonda o rotolare tutti insieme dietro alla palla che cade?
Programmi per domani? Fatemi sognare un po' con i vostri, visto che io rischio miseramente di non far nulla...
Intanto vi lascio una ricettina che secondo me, ovunque voi andiate, potrebbe fare un figurone e, nello stesso tempo è leggera e si mantiene bene in una bella borsa frigo.
Vi saluto e vi auguro una buona settimana di vacanza!! Ci risentiamo nel weekend :)


Pollo al curry in insalata
400 gr di petto di pollo
1 cespo di insalata (io uso l'iceberg)
1 scatoletta di mais
curry
1 spicchio d'aglio
olio
sale

Tagliate le fette di petto di pollo a pezzettini piuttosto piccoli.
Fate soffriggere in una padellina lo spicchio d'aglio schiaccato in un po' d'olio. Quando sarà caldo aggiungete il petto di pollo a pezzetti e fateli rosolare finchè non saranno completamente bianchi. A questo punto abbassate la fiamma e aggiungete sale e una buona manciata di curry (a gusto personale). Quando il pollo sarà completamente colorato spegnete il fuoco.
Intanto preparate l'insalata, tagliando e lavando l'iceberg. Aggiungete olio e sale a piacere, il mais e buttate dentro i pezzetti di pollo.
Guarnite con basilico fresco e servite con pane fresco o abbrustolito.

Bon Appetit!





E con questa ricetta partecipo all'iniziativa da Pecorella Di Marzapane con la rivista Scelte di Gusto:

Il bando di gara è su PdM
potrai essere chef per un mese sulla rivista SdG

venerdì 10 agosto 2012

Banane...lamponi... (o forse no?)





Accade sempre.
Quella mattina che decidi di alzarti presto (e presto vuol dire qualcosa come le 4) per andare col tuo moroso in montagna, a fare una bella escursione rilassante sull'amato Gran Sasso.
Fuori è ancora notte, ti alzi dal letto e ciondoli  alla cieca in cucina ricerca della caffettiera (sempre sia lodata).
Prepari il caffè, prepari i panini, svegli il moroso, ti lavi, ti vesti, prepari lo zaino (sempre troppo pesante), prendi in cima all'armadio le scarpe da trekking e esci...
E mentre esci (e nel frattempo si è fatto giorno) cosa vedi?
Delle belle nuvolazze nere che sormontano proprio la cima dove sei diretta tu.
E allora il dietro front (e qualche bella imprecazione) è d'obbligo.
Accade sempre.
Quella rarissima volta che decidi di essere veramente BELLA per una sera. E allora stai minimo quattro ore in bagno con creme, cerette e pinzette...perchè sì, devi esser liscia più di un legno piallato.
E le successive due ore le perdi davanti l'armadio, a innervosirti perchè hai sempre troppe poche cose (e le troppe poche cose sono stipate in sette ante d'armadio, dieci cassetti e due scarpiere) e perchè quel vestito ti fa bassa, il bianco ingrassa e il verde pistacchio non va più di moda.
E dopo le suddette sei ore ne hai ancora una da passare al trucco... e qui anche Clio è una dilettante visto il numero di prodotti che usi in una serata come questa.
Alla fine sei pronta. Una Jessica Alba de noartri  (ai tuoi occhi, visto che ai più appari più simile a Moira Orfei) pronta a sfavillare sulla riviera, con tacco 12 e altrettanta vanità.
Ma accade anche qui: all'appuntamento in piazza gli amici, un po' sorpresi e imbarazzati, ti dicono:
"Wow, stai bene. Ma veramente è una serata tranquilla, andiamo al bowling."
E accade sempre ancora.
Quando hai voglia di staccare la spina dopo una giornata di studio. E nei giorni pre-esame molte di voi sapranno come è in grado di ridursi una donna.
T-shirt e pantaloni presi alla cieca dall'armadio. Occhiaie simil-orsetto lavatore. Capelli rigorosamente legati. Viso bianco modello Mortisia Adams. Niente trucco, niente inganno.
E quando, appunto, esci a fare due passi intorno a casa, per prendere una boccata d'aria e svagare la mente dalle mille nozioni accumulate in testolina arriva la tragedia.
L'incontro con praticamente tutti gli abitanti della città, la metà dei quali di tua conoscenza, che si fermano e ti guardano con un misto di curiosità e repulsione e ti domandano "Ma sei stressata? Ti vedo un po' pallidina.."
E tu, che sei pienamente conscia del tuo aspetto, ci tieni subito a precisare..."Sì, dopodomani ho un esame, non ho tempo per far nient'altro che studiare" ma dentro di te maledici il tuo omino del cervello che ti ha convinto a uscire.

Chiamasi imprevisto.
Dannato, stupido, bastardo imprevisto.
Una delle cose che odio di più al mondo.
Una mia caratteristica è quella di fare programmi. Giusto o sbagliato che sia.
E tutto ciò che me li infrange merita la mia sacrosanta rabbia.
Ma da qualche tempo ho scoperto la strategia per vivere felice.
Il piano B.
Non si può andare a far trekking causa maltempo? Bene, si va comunque verso la montagna con la macchinetta ad esercitarsi un po'. E chissà che non venga su qualche bella foto con l'arcobaleno.
Ti sei agghindata con tacco 12 ma i tuoi (dannati) amici propongono una serata che non ti aspettavi? Metti le ballerine in borsetta e sarai pronta ad ogni occasione.
Vuoi uscire la sera prima dell'esame anche se fai a dir poco schifo? Fregatene del parere degli altri, stai studiando per te e per diventare una persona migliore. [E comunque un filo di matita e mascara possono aiutare davvero molto.]

E in cucina?
In cucina è lo stesso.
L'altra mattina canticchiavo la canzone di Morandi...quella che fa... "banane...lamponi....chi c'era con te?".
E in mente è balenata un'idea. Un bel frappè.
Banane? Presenti.
Lamponi? Assenti.
Bene, il supermercato sicuramente li avrà.
Ma indovinate un po? Zero lamponi, rabbia furiosa e programma di frappè in fumo.
Ma poi la mia nuova teoria del Piano B ha preso il sopravvento e... tadààààààààà...... sostituzione presto fatta dei lamponi con le more!
Risultato assicurato!!!
W il piano B.


Frappè Banane e More
2 banane mature
100 gr di more
100 ml di latte
40 gr di ghiaccio tritato

Sbucciare le banane e tagliarle a pezzetti.
Lavare bene le more.
Mettere la frutta nel frullatore con il latte e frullare.
Aggiungere il ghiaccio e frullare un'ultima volta rapidamente.
Guarnire con le more e servire subito

Bon Appetit


domenica 5 agosto 2012

Banane verdi fritte e bastoncini di sesamo....sognando l'Africa





Odio quando i miei programmi vanno in frantumi.
Lo odio davvero.
Eppure è inevitabile, che qualche nuvoletta di Fantozzi si poserà prima o poi su di te.
Ancor di più odio quando i programmi che vanno in frantumi sono proprio quelli a cui tengo di più.
Ma , come si dice...c'est la vie.
Bè uno dei miei "programmi" passati (e futuri) inizia con A e finisce con a.
Africa.
Mamma Africa la chiamo io.
La culla dell'umanità.
Il mio sogno.
Svanito nel nulla per via di quella strega malefica chiamata Università.
Andiamo con ordine: avete capito ormai tutti che sono un'aspirante medico nel pieno degli scleri universitari. Studiare su tomi enciclopedici in cui si descrivono solo sintomi, segni e malattie fa correre il grosso rischio di dimenticarci che davanti a noi ci sono uomini e donne, bambini e anziani, insomma... persone.
Persone! Non malattie.
Piena di questa convinzione due anni fa avevo prefissato uno stage medico di un mese in Ghana con una buonissima organizzazione di volontariato (di cui vi lascio il sito, e vi consiglio veramente di farci un giro, anche solo per sognare un po' con la testa e con il cuore: http://www.projects-abroad.it/), convinta che questo genere di esperienze possano arricchire non sono una giovane e spaurita studentessa di medicina in formazione, ma possano aiutare ognuno di noi.
Ma la nuvoletta di Fantozzi provate a indovinare quel periodo chi aveva puntato? 
E allora quella sacrilega e stupida Università ci si è messa con tutte le sue brutte intenzioni nel cambiare tutti gli appelli d'esame possibili e farmi saltare il sogno.
Il sogno è continuato l'anno scorso, continua quest'anno e continuerà finchè non diventerà realtà (d'altronde lo dice anche Cenerentola che "Tu sogna e spera fermamente. Dimentica il presente. E il sogno realtà diverrà").
E fin quando non vedrò davanti ai miei occhi Cape Coast con i suoi fortini da cui partivano le navi di una delle peggiori crudeltà che l'uomo ha partorito (la tratta degli schiavi), Accra con i suoi mercati e mercatini, Kumasi e la sua architettura Ashanti, le riserve naturali con ponti sospesi nella foresta ed elefanti e alligatori...bè potrò continuare almeno a figurarmi lì, mentre sento l'umidità africana che permea le ossa e mi emoziono con gli stupendi sorrisi bianchi, che tanto risaltano sulla pelle nera.
E spero che le nuvolette di Fantozzi si dissipino quanto prima! :)

Per mantenerci nell'atmosfera, stasera vi propongo qualcosa di davvero insolito e ovviamente di...Africano, o meglio Ghanese (anche se le barrette di sesamo sono molto comuni anche in Mali).
Sono due piatti che lì vengono usati come piatti unici e che girando un po' su internet (nel periodo in cui ero convinta di partire, sigh) ho trovato e prontamente provato...con ottimi risultati, soprattutto se amate i sapori nuovi e particolari. E vi assicuro che mordendone un pezzettino sarà come catturare un piccolo, piccolissimo pezzetto di Africa. :)
Ve li lascio gustare e....io continuo a sognare, vi consiglio di fare lo stesso.
I sogni ci riempiono la vita nel frattempo che divetino realtà :)

Banane verdi fritte e Meni meniyong

Per le banane fritte:
2 platanos (o banane verdi)
olio di semi di arachidi per friggere
sale
Per i Meni meniyong:
100 gr di semi di sesamo
150 gr di zucchero
30 gr di olio di semi di arachidi

Tagliate le banane verdi a listarelle (modello patatine fritte).
Riempire una padella alta o la friggitrice con l'olio d'arachidi e fate scaldare.
Immergete le banane 2-3 minuti, finchè non saranno gonfie e dorate.
Scolatele e acsiugatele su carta assorbente. Salatele e servitele.

Tostate i semi di sesamo su una padella calda, fin quando inizieranno a "saltare".
In una casseruola scaldate l'olio di semi e  aggiungete lo zucchero mescolando il meno possibile fin quando non comincia a caramellare.
Versate ora i semi di sesamo tostati nel caramello e mescolate rapidamente.
Spegnete il fuoco e disponete il composto su un piano freddo di marmo o su carta forno livellandolo e creando un quadrato.
Una volta raffreddato tagliate il composto a listarelle o bastoncini.


P.S. I platanos si trovano spesso nei supermercati forniti, accanto al mango, avocado e altri frutti esotici. Sono banane più grandi, più acerbe e con una buccia spessa e dura. Ottimi da cucinare e....da friggere:)


Bon appetit


E grazie a Monique, che mi ha dato spunto per raccontarvi questa piccola parte di me, e il sogno africano che mi accompagna :)
Partecipo quindi al suo contest che scade proprio oggi:


sabato 4 agosto 2012

Jacket Potato e un anno fa...




London 2011.
No, non ho preso una botta in testa, nè ho contratto la sindrome di Peter Pan acuta, per cui vorrei tornare indietro nel tempo.
Oddio, forse un po' sì...
Il fatto è che a dispetto dell'inflazionato "London 2012" che sentiamo continuamente in questo periodo di olimpiadi, per me Londra ha un senso solo se coniugata all'anno 2011.
Spesso mi perdo a pensare cosa starà facendo che so, Beyoncè, in questo preciso istante.
Si starà struccando dopo l'ennesimo concerto?
Si starà svegliando con le borse sotto gli occhi?
Starà mica facendosi la pedicure?
Oppure mi piace pensare un po' meno in grande, semplicemente a me.
Dov'ero un anno fa? Cosa stavo facendo?
Ebbene, un anno fa a quest'ora io ero a Londra.

Oddio ... Londra.... in effetti non proprio in centro.
Per la precisione ero ad Oxford. Giusto un'oretta di autobus da Piccadilly Circus.
Ora certo non mi perderò nell'annoiarvi raccontandovi cosa ero andata a fare (visto che non c'è niente di speciale nel fare un corso intensivo d'inglese, per di più accompagnato da nozioni di anatomia e medicina, tutto rigorosamente in inglese) ma voglio condividere dei piccoli pensieri con voi .
E' inutile.
Tuttora, pur essendoci stata, la mia mente associa Oxford ad Harry Potter.
E' più forte di me.
Sarà perchè il castello di Hogwarts è praticamente la fotocopia di molti dei collage che si trovano lì, sarà perchè gran parte degli interni del castello del film sono girati in un prestigiosissimo collage appunto di Oxford o perchè girando per le sue viuzze mi è capitato varie volte di incrociare pazzi adolescenti vestiti di tutto punto da maghetti o streghette.
Fatto sta che Harry, Ron e Hermione a parte, una certa aria di magia lì si respira davvero.
O forse la magia l'ho vissuta io?
Un mese con i miei pensieri, a confrontarmi con me stessa più di ogni altro momento della mia vita, dove la forza di raggiungere gli obiettivi può nascere solo e soltanto da te, in una città che trasuda cultura e sapere anche solo dall'asfalto.
E' a un passo da una delle metropoli più cosmopolite e caotiche del mondo eppure sembra di vivere in un'isola incontaminata dal progresso (almeno fin quando non si arriva sulla via principale infarcita di McDonald's, Starbucks eccetera), universitari ad ogni angolo, librerie antiche e moderne, antiquari e orafi.
Tutto sa di antico, tutto sa di buono. Un po' come le pagine dei libri dei nonni, avete presente? Che verrebbe voglia di buttarci la faccia dentro e inspirare tutto il profumo, cercando di carpirne anche il contenuto.
Oxford è così. E' da respirare.

Comunque giusto per rimanere in tema culinario... Miss Elizabeth (signora squisita di cui ero ospite) almeno due sere a settimana mi proponeva a cena questo piatto secondo me FENOMENALE.
Lei lo chiamava il "three-moves-dish", perchè in effetti la sua preparazione si può sintetizzare in 3 fasi:
1) Metti in forno la patata
2) Togli dal forno la patata
3) Farcisci la patata
Esiste qualcosa di più facile?
E' un piatto inglese che più inglese non si può. E gli inglesi veri  le farciscono con i condimenti più disparati: pollo, tonno, uova, cheddar. Io ne ho farcite alcune con burro e provola e altre con i classici baked beans (dei fagioli cotti con un pizzico di salsa al pomodoro).
In effetti non è propriamente un piatto estivo, ma vi assicuro che d'autunno e d'inverno possono risolvervi una cena!


Jacket potato
4 patate grandi
olio
sale
50 gr di burro
50 gr di provola
100 gr di fagioli borlotti in scatola
2 cucchiai di passata di pomodoro
mezza cipolla

Preriscaldate il forno a 200°.
Lavate benissimo le patate spazzolandole fino a togliere l'ultimo briciolo di terra.
Spennellate la buccia con l'olio e salate leggermente.Infilzate le patate con la forchetta formando qualche buco per far cuocere l'interno. Infornate le patate intere e fate cuocere per almeno un'ora e un quarto (per le mie patate di grandezza media ci è voluta un'ora e mezza).
Mettete intanto sul fuoco una casseruola con un filo d'olio e la cipolla.
Aggiungete i fagioli e i cucchiai di passata di pomodoro, facendo cuocere per 5-10 minuti.
Valutate la cottura delle patate utilizzando una forchetta. Se la forchetta non incontra alcuna resistenza potete sfornare le patate.
Incidete le patate con un coltello formando una X sulla superficie. Scostate un po' i lembi della buccia e con i rebbi della forchetta schiacciate un po' la polpa (come se fossero patate lesse).
Mettete all'interno della patata un fiocco di burro, il sale e qualche cubetto di provola. Schiacciate nuovamente l'interno della patata con la forchetta per amalgamare il burro e la provola. Aggiungete sulla superficie di qualche patata una cucchiaiata di fagioli.
Infornate nuovamente per 3-4 minuti fino a far sciogliere la provola.

P.S: la buccia si mangia!!! :)



Bon Appetit e....ciao Oxford!





E con questa ricetta partecipo al contest di Monique (un'idea fantastica):